Chissà se si realizzerà anche solo un frammento di quel che ho scritto?
mercoledì 9 dicembre 2009
Godo
Mi accontento di un milione di persone (e forse anche di più) che dal nulla si è riversata in piazza per dire al nostro Presidente del Consiglio: "dimettiti", "fatti processare".
Una manifestazione non indetta dai partiti, non indetta dai sindacati... il che la dice lunga su come siano messi oggi partiti e sindacati e su quanto siano scollati dalla società, le cui istanze ormai non trovano più rappresentanza.
Cari signori, la gente che è scesa in piazza il 5 dicembre scorso voleva dirvi una cosina, una sola, semplice, se volete addirittura banale: non vogliamo essere governati dai delinquenti!
Quindi, cari signori, decidete un po' da che parte stare, perché oggi abbiamo assunto consapevolezza di esserci, di saperci organizzare anche senza di voi e che voi siete stati assolutamente incapaci di rapportarvi a noi.
Godo perché ho sfilato all'interno di una manifestazione composta, serena, dignitosamente incazzata, composta da una marea di giovani ma anche di tanti signori come me, di una certa età, di una certa onestà, che si sono rotti le scatole di vedere che in parlamento conta solo chi ha avuto almeno un avviso di garanzia.
Godo perché mi aspetto che adesso, di quel milione di persone, almeno poche migliaia sparse in tutta Italia cominceranno ad organizzarsi perché tutto questo non vada perso. Quelli che hanno organizzato i pullman, quelli che hanno fatto i banchetti ed i volantinaggi, quelli che hanno scritto sulla rete per chiamare alla partecipazione, tutta questa gente che ha dedicato un po' del proprio tempo a far sì che la manifestazione riuscisse: tutti loro hanno visto chiaramente che avevano ragione a darsi da fare, ad impegnarsi, e che se si muovono loro allora si muovono un sacco di persone.
Godo perché sogno un parlamento in cui il popolo viola riesce ad infiltrarsi, un po' per volta, prima uno, due, poi qualcuno di più, e piano piano far fuori le cariatidi del potere, quelli che sono eletti e rieletti da una vita perché controllano i partiti (e magari perché sono collusi con la malavita organizzata).
Ieri ho scritto su Facebook: io non voglio essere governato da dei delinquenti, Berlusconi o altri che siano!
E mi sono obiettato da solo: ma come fai a dire che Berlusconi è un delinquente?
E, ovviamente, mi sono anche risposto: non sta a me dirlo! Lo deve dire la magistratura, che è l'ente preposto a questo. Quindi, visto che la magistratura qualche dubbio in merito ce l'ha, lasciamola libera di fare il suo lavoro. Portiamo a termine 'sti cavolo di processi a Berlusconi e poi mettiamolo dove merita, là dove deciderà di metterlo la magistratura.
Adesso è tempo di piani.
Bisogna pensare a come consolidare la protesta che così chiaramente è emersa dalla società.
Bisogna pensare a mantenere ed arricchire la rete di contatti che si è creata intorno alla manifestazione.
Bisogna cominciare a pensare al domani: non si può passare una vita manifestando e basta, perché ci si stanca e poi si molla. No, bisogna pensare a metodi più concreti di intervenire nella società per far si che i protagonisti di questa protesta ritrovino nuove energie vedendo realizzati, almeno in parte, i loro obiettivi.
Una rete che si occupi di formare una nuova classe politica, una nuova compagine di amministratori pubblici, scollegati dai vecchi potentati ma capaci di studiare i problemi, inventare soluzioni, fare delle scelte.
Ci servono consiglieri di quartiere, assessori, sindaci, governatori di regione, ci servono parlamentari. Si tratta di porre le basi per il ricambio di una burocrazia mastodontica. Non si può pensare di farlo in un giorno e non si può pensare di farlo senza avere competenze specifiche: ci servono laboratori di amministrazione pubblica in cui cominciare a forgiare la nostra futura classe dirigente viola, che non prende bustarelle, che non tarocca gli appalti, che non fa affari con la malavita organizzata, che non si sente in dovere di compiacere la grande industria, gli scampoli di nobiltà, la massoneria...
...per dirla in una parola: una generazione di gente ONESTA che amministri la cosa pubblica ONESTAMENTE, senza scopi privati inconfessabili o scheletri nell'armadio.
Ci vorranno vent'anni, come minimo, e abbiamo contro tutti: tutti quelli che hanno del potere in mano in questo momento. Tutti diranno di essere maestri di specchiata onestà (Berlusconi in primis), ma tutti sono arrivati dove sono facendo parte di questo sistema di spartizione.
Sarà una battaglia lunga ed impari, ma se ci riusciremo potremo dire a pieno titolo di aver fatto la rivoluzione!
E magari faremo anche il tricolore listato di viola per la terza repubblica!
venerdì 4 dicembre 2009
Anticorpi democratici - 3
Stavamo parlando di Berlusconi...
Paradossalmente, il massimo esponente di questo sistema sta facendo il peggior servizio possibile al sistema stesso a causa della sua sfrontatezza e pervicacia: tanta gente comincia a stufarsi dei suoi eccessi, non trova nel sistema politico alcuna figura che si opponga seriamente a questo modo di fare (tranne forse Di Pietro, ma anche su di lui sono stati sollevati molti dubbi, a torto o a ragione) e decide quindi di recidere lo storico cordone ombelicale col sistema dei partiti, basato su una delega in bianco ai propri leader, ricominciando a ragionare con la propria testa ed a prendere autonomamente le proprie decisioni: dove andarsi a cercare le informazioni, dove scambiare notizie ed opinioni con persone simili, come organizzare un'attività effettivamente contraria a questo finto democraticismo oligarchico.
- i primi anticorpi di vera democrazia
La rete in questo è stata fondamentale. Con la diffusione di internet sempre più persone hanno deciso di creare un proprio sito, dove mettere informazioni personali, elencare le proprie passioni, ma anche dove rendere disponibili agli altri le proprie competenze specifiche e dove trovare interlocutori altrettanto specializzati ed appassionati, che nella vita di tutti i giorni si faticano a trovare. Questo vale per il tempo libero, per gli hobbies, quanto per le informazioni, le notizie di tutti i generi.
Dopo un primo periodo di scarsa diffusione, in cui era popolata principalmente da nerd, la rete è diventata lentamente un luogo di pubblico dominio dove il singolo può diventare estremamente visibile anche con pochissimi mezzi. Dapprima i newsgroup ed in seguito i forum sono luoghi dove le opinioni si confrontano. Sui blog si espone il proprio pensiero. Il passaparola si eleva a sistema fino all'avvento dei social network.
In rete trovano ospitalità e successo personaggi che nel "mondo reale" vengono emarginati dal sistema di potere. Beppe Grillo col suo blog diventa un caso dirompente. Sulle sue pagine (ma anche sul proprio blog) trova visibilità Marco Travaglio. Molti altri giornalisti non allineati trovano nella rete il canale per comunicare con persone che desiderano disperatamente un altro modo di fare informazione. Chi riesce a trovare un blog interessante lo segnala ai suoi amici. Il tam-tam degli utenti non è mai stato così potente ed efficace. Internet rende estremamente facile la comunicazione ed amplifica gli effetti del pensiero indipendente.
- dal virtuale al reale, il cerchio si chiude
La combinazione di frustrazione verso i partiti politici e gli organi di informazione, la ricerca di qualcosa di alternativo in rete, finiscono per avere poi un ritorno nella vita "reale": Marco Travaglio trova gli interlocutori per fondare un nuovo quotidiano cartaceo, basandosi sulla consapevolezza di avere già su uno "zoccolo duro" di lettori che lo segue dal blog e che non vede l'ora di mettere le mani su di un giornale diverso dagli altri. Beppe Grillo lancia l'iniziativa delle liste civiche, sottolineando come la società civile debba mettersi in gioco in prima persona per liberarsi del sistema parassitario dei partiti politici. Grazie al suo appoggio ed alla risposta della rete si ottengono ottimi risultati alle elezioni amministrative ed europee. Ora sta lanciando un movimento per presentarsi alle prossime elezioni per le regioni.
Ultima in ordine di tempo, ma forse ancora più importante, la manifestazione del No Berlusconi Day. Stavolta non c'è una figura carismatica come Travaglio o Grillo che trascina la massa. Stavolta la massa si è mossa da sola, sbalordendo anche quei primi blogger che, all'indomani della sentenza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, avevano pensato di lanciare un'iniziativa per richiedere le dimissioni del Presidente del Consiglio. Aprire un gruppo su Facebook è una cosa che non costa niente, tant'è che se ne trovano tantissimi assolutamente futili, ma stavolta c'erano utenti interessati e motivati, tant'è che in poco tempo le adesioni su FB sono arrivate oltre quota 350mila.
Dalla rete alla strada il passo potrebbe essere più difficile del previsto: aderire online a qualcosa non costa niente, basta un clic, viceversa alzare il culo e andare a Roma a partecipare ad una manifestazione è già qualcosa di più concreto.
Certo, ancora non basta. Non può bastare: se il problema del nostro sistema pseudo-democratico è che la popolazione non usa abbastanza il cervello e non muove abbastanza il culo, non può bastare una manifestazione a cambiare le cose.
Però, intanto, si può prendere atto del fatto che non serve un partito per indire una manifestazione (con buona pace della signora Finocchiaro). Poi scopriremo quanta Italia si muove a fronte di quelle 350mila adesioni virtuali, e sarà una sfida interessante.
Poi, soprattutto, la rete di persone che si è organizzata per noleggiare pullman, montare palchi, gestire interventi, organizzare il servizio d'ordine e la comunicazione, dal 6 dicembre si troverà con molti più contatti rispetto a prima, con un precedente di autoorganizzazione e magari con il gusto e la voglia di continuare a farlo.
- dove andremo a finire?
Qualche giorno fa ho scritto sul mio profilo FB che "un nuovo barlume di speranza sta nascendo in me".
Forse sto caricando eccessivamente di significati questo evento. Però, con i miei trascorsi politici, la militanza giovanile in un partito dell'estrema sinistra, il sogno della rivoluzione democratica, la delusione e la frustrazione nel contatto quotidiano con la gente che non vuol sentire, non vuol vedere, non vuole pensare... dopo aver mollato tutto perché mi ero convinto che non ci fosse più speranza che la gente alzasse il capo ed accendesse il cervello, adesso comincio a vedere qualcosa muoversi.
Quando facevo il troskista il mio partito si batteva come un leone per cercare di raggiungere il tetto dei mille iscritti. Sono certo che oggi, fra quei 350mila che hanno cliccato "diventa fan" ce ne sono certamente più di mille che vorrebbero essere protagonisti di un cambiamento vero nella nostra società.
Qualcuno ha già cominciato a chiamarla "la rivoluzione viola", ricordando le rivoluzioni colorate di altri paesi.
Non so se sarà una rivoluzione, non so se riuscirà ad incidere a breve sul quadro politico italiano, anzi, penso proprio di no. Ma sono convinto che POTREBBE essere una rivoluzione nella testa di chi si è dato da fare per organizzare e diffondere l'iniziativa.
Io SPERO fortemente che dalle liste civiche di Beppe Grillo, dai lettori de Il Fatto Quotidiano, dal comitato promotore del No Berlusconi Day, cominci a fiorire una nuova consapevolezza democratica nella gente. Dei veri anticorpi democratici, per liberarci una volta per tutte del puzzo della monarchia, palese o occulta che sia.
Amen.
Anticorpi democratici - 2
- L'epoca dei movimenti (il'68, gli anni '70)
Salto qualche passaggio per non tediare troppo e quindi mi scuso per l'eccessiva sintesi di questo punto.
Il concetto è che negli anni '60 e '70 ci sono dei forti movimenti popolari, studenteschi, di lavoratori, che rivendicano istanze popolari e fanno pensare ad un avanzamento delle condizioni democratiche del paese, mediante la presa di coscienza delle classi più umili e l'affermazione delle loro rivendicazioni.
E' stata una fase eccezionale della nostra storia, le cui conquiste in parte rimangono ancora oggi, ma è altresì oggettivo che il potere politico ed economico ha fatto quadrato ed ha usato i sistemi più violenti e barbari per soggiogare lo spirito dei manifestanti. Coadiuvato in questo, secondo me, anche dai partiti di sinistra e dai sindacati, impegnati a tempo pieno ad imbrigliare i movimenti e cavalcarli, per fare il salto di qualità e passare anche loro a gestire la cosa pubblica.
So che molti non condivideranno questa mia posizione. Ripeto che sto schematizzando più di quanto vorrei, ma non posso mettermi a scrivere un libro: siamo su un blog (e pure poco frequentato!).
Sta di fatto che la "pace" torna nel paese e che molti militanti si rimettono buoni, blanditi dai partiti, mazziati dal potere o anche solo soddisfatti di quanto comunque erano riusciti ad ottenere. Gli anni successivi saranno sufficientemente quieti e sereni da far tornare molte coscienze nel torpore.
- La falsa democrazia disvelata
E' il momento in cui comincia a delinearsi un nuovo fenomeno di rampantismo politico, di spartizione, di malaffare nel gestire la cosa pubblica che esploderà solo alcuni anni dopo, in seguito alle inchieste del pool di "Mani Pulite". Ma che cosa stava succedendo concretamente? Che gli imprenditori foraggiavano la politica per trarne utili economici (sai che novità!), che i politici facevano favori agli amici (sai che novità!), che nei circoli del potere si scopava e si pippava (originali!). Insomma, semplicemente che la nuova casta, dopo un po' di tempo in cui si era assestata e ben insediata al suo posto, aveva moltiplicato i propri interessi corporativi e perso un po' di pudore nel farsi i fatti propri.
Anche il re dava incarici a chi voleva lui, ricevendo doni e facendone. Non si chiamava corruzione perché era così che funzionava il sistema. I politici hanno semplicemente imparato a fare da regnanti e si sono accoccolati comodamente sul trono.
"Mani pulite" scoperchia il vaso di Pandora. Si solleva l'indignazione popolare di tutti quegli onesti cittadini che davano per scontato che anche i potenti fossero onesti (poveri illusi!). Qualche nuova compagine politica ne approfitta per lanciare strali, fare bella figura e collezionare voti (Forza Italia e la Lega Nord, nella fattispecie).
Nasce la "seconda repubblica" che, oggi possiamo ben dirlo, nasceva già più marcia della prima. Tant'è che "la sinistra" di un tempo oggi non esiste più (trasformatasi in un ibrido Frankenstein ex-democristiano), che corruzione e mafia hanno scalato le istituzioni e siamo arrivati al punto in cui si fanno le leggi per fare gli sconti ai mafiosi che fanno rientrare capitali sporchi dall'estero e per annullare i processi per corruzione di qualche preminente politico.
Il re non aveva bisogno di tutto questo: al massimo faceva imprigionare o giustiziare qualche oppositore. Invece in "democrazia" per poter governare il paese da corruttori è necessaria una legge costituzionale che lo sancisca, con tanto di benedizione dell'opposizione di "sinistra".
- Il ruolo di Berlusconi
I vecchi leader democristiani agivano con una certa classe e discrezione nel gestire nepotismi, clientele, favoritismi. Con l'avvento del socialismo craxiano la faccia di bronzo è cresciuta a dismisura, ma ancora la gente era convinta che fossero singoli casi di politici corrotti. Ultimamente, però, gli scandali coinvolgono indistintamente destra e sinistra, rendendo impossibile per il cittadino onesto scegliere serenamente una delle due compagini politiche.
Di Pietro si è dato alla politica evidenziando questa situazione col nome del proprio partito - l'Italia dei Valori - ed ergendosi a paladino della legalità nel cuore del covo del nemico. Gli scandali imperversano, toccando personaggi a prima vista assolutamente integerrimi (vedi caso Marrazzo). Il mondo del giornalismo non ci fa una figura migliore, dimostrando continuamente di essere asservito ad interessi superiori.
Tutto questo è coronato dalla figura emblematica del "Cav": imprenditore votatosi alla politica in tempi molto sospetti, in odore di collusione con la mafia, accusato di tutta una serie di reati con un unico denominatore: i soldi. Versati ai partiti, nascosti all'estero, usati per corrompere testimoni e giudici, forse provenienti dalla criminalità organizzata.
Nonostante tutte queste ombre, il Cav ottiene ottimi risultati alle elezioni, stringe alleanze importanti con partiti che fino al giorno prima sbandieravano l'onestà e la correttezza come valori fondamentali, riesce ripetutamente a prendere le redini del paese.
Eppure qualcosa non quadra. Il suo modo eccessivo di sentirsi protagonista, idolo, capopopolo, la convinzione di potersi permettere tutto perché "eletto dal popolo" (e qui si torna ai commenti fuorionda di Fini, citati all'inizio del post precedente) lo portano a strafare. Berlusconi ci sta svelando tutti i limiti della democrazia italiana proprio perché è perfettamente convinto di poter fare quello che gli pare. Laddove i politici stranieri cercano di occultare maniacalmente ogni più lieve sbavatura del loro onore, lui ribalta il sistema di valori e si vanta di ciò che dovrebbe nascondere. Porta a galla tutto il marcio di un sistema finto-democratico, dove gli amici degli amici contano sempre più degli altri e dove si fanno favori, si specula e si tromba come una volta, quando c'era il re.
Anzi, è lui il re!
Nella prossima (ed ultima?) puntata: la fuga su internet, pensiero indipendente, il ritorno alla vita reale.
giovedì 3 dicembre 2009
Anticorpi democratici - 1
E' da molto tempo che queste idee mi frullano in testa, ma non ho mai trovato il tempo di trascriverle con un minimo di ordine e compiutezza.
Negli ultimi giorni questa esigenza si è fatta pressante, in vista della manifestazione del 5 dicembre: il "No Berlusconi Day".
Oggi, infine, leggo del dialogo fra Fini e Trifuoggi, un "fuorionda", a proposito di Berlusconi:
Trifuoggi: “È nato con qualche millennio di ritardo, voleva fare l’imperatore romano”
Fini:“Ma io gliel'ho detto... confonde la leadership con la monarchia assoluta....
(Il Fatto Quotidiano, 2/12/2009, pagina 3)
Questo scambio di battute ha fatto smuovere la "frana" dei miei pensieri, in parte perché anticipa le mie riflessioni ed in parte perché ne è involontaria conferma. Però il discorso è complesso e bisogna procedere per gradi.
Anzi, diciamo pure a puntate. Partiamo con la prima:
- Il potere nella storia
Senza voler fare il professore di storia, materia in cui sono scarsamente ferrato, penso però che si possa fare un breve riassunto delle forme di potere nella nostra civiltà europea/occidentale negli ultimi secoli in questi termini: prima erano i poteri assoluti, le monarchie, le dittature, gli imperi. Poi sono venute le prime carte costituzionali ancora in presenza del monarca. Infine si sono affermate le repubbliche (ma qualche re o regina ancora resiste).
Nei regimi assoluti, il monarca fa virtualmente quello che gli pare, cosa che di solito si è concretizzata in: estorcere ricchezze al popolo, fare favori agli amici suoi (parentame, nobiltà), trombare un sacco di cortigiane elargendo favori in cambio, far ammazzare chi gli stava antipatico, fare guerre, ecc...
La cerchia di coloro che godevano del potere del sovrano era piuttosto ristretta: cortigiani e nobiltà, con qualche eventuale appendice religiosa.
Con l'affermarsi della borghesia, il sistema si è dovuto allargare e dotare di qualche norma di autocontrollo, visto che se i borghesi si sentivano vessati aizzavano il popolo e ammazzavano i tiranni. In questo modo il re ha comunque continuato a scopare come un riccio, avere la sua cerchia di lecchini, elargire favori, ma anche l'alta borghesia (decisamente più numerosa rispetto alla nobiltà) ha avuto modo di accedere alle stanze del potere. E che cosa ne ha fatto? Be', quello che si fa col potere: si tromba un po', si fanno favori agli amici, ci si arricchisce.
Quando sparisce la figura del monarca, anche la nobiltà viene delegittimata e si deve riconvertire in alta borghesia (ma con la puzza al naso!). Venuta meno la parte più discrezionale del potere, si comincia a credere che il sistema costituzionale rispecchi finalmente l'ideale democratico. Ma non è ancora così! In una nazione con ampie sacche di miseria, con una scolarizzazione ancora tutta da inventare, senza servizi pubblici, di fatto le persone che hanno accesso alle sale del potere continuano a rimanere poche: ex nobili e ricchi borghesi. Di fatto una casta.
Però camuffata da democrazia! Il suffragio universale, addirittura anche alle donne (!), porta a credere che finalmente TUTTI possono dire la loro sull'amministrazione della cosa pubblica, attraverso i propri rappresentanti. Ma chi sono questi rappresentanti? Sempre e comunque esponenti della casta di cui sopra: gli unici in grado di manipolare ampie fasce di società civile per indurle ad andare a votare ed a votare loro in particolare.
Credo che l'unica variazione sostanziale in Italia sia stata l'entrata in parlamento dei comunisti, ma alla fin fine non è che Gramsci e compagnia fossero dei peones! Per poter discettare di politica a fine ottocento bisognava comunque avere un po' di quattrini di famiglia, sennò invece di studiare e politicare si andava a lavorare da bambini.
Che cosa voglio concludere con questo breve excursus pseudo-storico? Che in mezzo ad una massa di ignoranti, una cerchia ristretta di persone istruite e benestanti può amministrare il potere come se continuasse ad essere una casta sociale distinta e separata. Aumentano le sfumature rispetto alle vecchie monarchie, si allarga la composizione, ma non si può dire che sia vera democrazia quando i cafoni vanno comunque a votare per il signorotto locale.
Un po' come a Ceppaloni, per capirsi...
Nella prossima puntata: movimenti, terrorismo, il boom economico, il craxismo, Berlusconi... probabilmente ne serviranno un altro paio! Ma seguiteci con fiducia: c'è il lieto fine!!!
domenica 18 ottobre 2009
Chi si ricorda della strategia della tensione?
Facciamo innanzitutto il punto, perché fra una settimana questo post sarà già vecchio e vale la pena di essere chiari.
Nei giorni scorsi il signor Berlusconi ha preso un "uno-due" clamoroso: da un lato è stato condannato a risarcire De Benedetti per 750 milioni di euro, dall'altro è stata bocciata la legge che lo metteva al riparo dai processi fino a fine legislatura, il cosiddetto "Lodo Alfano".
La reazione di quel signore è stata scomposta e nel giro di pochi giorni è riuscito ad insultare le massime istituzioni e personaggi politici dell'opposizione, fare illazioni sull'attendibilità dei giudici promettendo rivelazioni clamorose e via dicendo.
Dai suoi giornali è già partito il linciaggio mediatico del giudice che l'ha condannato al risarcimento milionario (colpevole, pensate bene, di indossare calzini turchesi!!!), così come una campagna stampa volta a delegittimare la Corte Costituzionale, definita "organo politico".
E questa è la premessa.
Un paio di giorni fa, ascoltando un TG (non ricordo di quale rete), viene data la notizia di un commando di piromani che a Napoli ha incendiato tre autobus nel giro di poche ore. Ho fatto una ricerchina in rete e le notizie sono abbastanza confuse: chi parla di tre raid, chi dice "due autobus in fiamme", chi parla di taniche di benzina, chi di molotov. Una sola cosa torna sempre costante: l'ipotesi che i responsabili di questi atti siano dei disoccupati. Peccato che non esista una rivendicazione degli attentati e che quindi questa ipotetica "pista" sia solo, appunto, ipotetica.
Ma i media la lanciano e la rimpallano e quindi diventa "verità".
La conclusione è che a Napoli i disoccupati danno fuoco agli autobus.
Guardatevi questo video de La 7 e giudicate da soli se era il caso di lanciare accuse di questo tipo senza uno straccio di indizio in merito. E ricordiamoci che La 7 è notoriamente una emittente più pacata e seria rispetto alle altre testate nazionali!
http://www.la7.it/news/dettaglio_video.asp?id_video=31911&cat=cronaca
Un'altra fonte che differisce nei dettagli ma non nell'accusa ai disoccupati organizzati
http://www.adnkronos.com/IGN/Regioni/Campania/Due-bus-dati-alle-fiamme-nel-centro-di-Napoli_3886057327.html
Morale della favola: i disoccupati organizzati sono diventati terroristi.
Tenetelo a mente, fra poco ci torniamo.
Stamani, facendo un giro sui soliti siti che seguo giornalmente, trovo un'altra inquietante notizia: minacce di morte per Berlusconi, Fini e Bossi. Una lettera minatoria inviata alla redazione de "Il Riformista" e firmata "Brigate rivoluzionarie per il comunismo combattente".
Pare che nei giorni scorsi altre analoghe missive fossero state recapitate alle redazioni de Il Foglio, Il Messaggero e Il fatto quotidiano. (curiosa scelta delle testate, fra l'altro... molto "tripartisan"!)
Leggo regolarmente "Il fatto quotidiano" e non mi sono accorto di notizie in merito. Forse hanno reputato che non fossero degne di attenzione o che non meritassero la grancassa mediatica che invece ha voluto dare "Il riformista".
http://www.ilriformista.it/stories/apcom/108882/
Andando ad approfondire il contenuto della missiva viene fuori che questi novelli brigatisti rossi chiedono le dimissioni (le dimissioni?!?!?!) di Berlusconi, Fini e Bossi e citano come fatto emblematico la sentenza della Consulta (?!?!?!). Un po' istituzionalisti, questi terroristi! Una volta si limitavano a sparare a quelli che non gli andavano a genio. Adesso invece chiedono le dimissioni confortati dalle sentenze dei massimi organi istituzionali... insomma, quello che fa Di Pietro!!!
Sarà mica un terrorista pure lui???
Ecco, questo è il secondo fatto degno di nota.
Vedremo nei prossimi giorni se ce ne saranno altri dello stesso tenore... perché io ormai me li aspetto.
Perché me li aspetto?
Perché tutto questo mi fa venire in mente qualcosa che è già successo in Italia, qualche anno fa: il terrorismo utilizzato come strumento per tacitare l'opinione pubblica, imbavagliare le opposizioni e rinforzare il governo, legittimandolo anche a mosse straordinarie di repressione che normalmente non sarebbero tollerate.
Si chiamava "strategia della tensione".
http://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_della_tensione
Qualcuno metteva bombe, qualcuno sguinzagliava le forze dell'ordine, qualcuno finiva in galera o manganellato, ma non era quello che aveva messo le bombe. No, perché le bombe le avevano messe gli estremisti di destra fiancheggiati dai servizi segreti dello stato, mentre la repressione puntualmente partiva verso le sinistre, più o meno estreme. Il PCI in quell'occasione non poteva far altro che "prendere le distanze", ma decise di farlo verso i propri compagni anziché verso le istituzioni bombarole, giustificato in parte dal fatto che ancora non si sapeva con certezza che erano state le istituzioni a mettere le bombe.
Se avete voglia di fare un tuffo nel passato, leggetevi "La strage di stato", un libello agevole ed interessante, anche se incontestabilmente di parte.
Se volete fonti più imparziali, potete recuperare il solido volume "La notte della repubblica" di un rispettatissimo giornalista come Sergio Zavoli, oggi presidente della Commissione di vigilanza della RAI. Il libro ripercorre le tappe di un programma televisivo molto interessante curato dallo stesso Zavoli nel 1989. Pensate un po', Berlusconi non era ancora "sceso in campo" allora!
Se preferite qualcosa di più recente, andatevi a cercare le vecchie puntate di Blu Notte che parlano di terrorismo e stragi.
Eccoci dunque arrivati alle conclusioni: io vedo un Presidente del Consiglio in forte difficoltà, dopo gli scandali puttanistici, le sentenze contro di lui, l'imminente ripresa dei processi che lo riguardano. Io vedo fatti anomali che vengono immediatamente imputati a soggetti che, a mio avviso, sembrano difficilmente accostabili ai suddetti fatti (disoccupati incendiari??? brigatisti istituzionalisti che chiedono dimissioni???). Io vedo un battage mediatico che non si sforza minimamente di riflettere su quello che sta dicendo e propaga allarmismo inopinatamente.
Io mi aspetto di vedere a breve ministri che chiedono misure repressive, partiti di maggioranza che dicono all'opposizione di schierarsi "o con noi o con loro", partiti di opposizione che "prendono le distanze"... e la gente comune che non si sentirà più in diritto di protestare contro il governo per non passare per terrorista.
E' un film già visto!
Vedremo presto se ho ragione o meno. Spero tanto di sbagliarmi...
lunedì 5 ottobre 2009
Abboccano?
Leggo abitualmente le notizie riportate sul blog "Lettera Quotidiana" e ultimamente una mi ha stuzzicato sotto la cintura:
"Il sito per gli adulteri"
http://lettera.altervista.org/?p=967
Si parla del sito Gleeden.com, una piattaforma per incontri fra persone sposate.
Siccome sono un gran maiale (a chiacchiere, s'intende: chi mi conosce può testimoniare di come io indulga frequentemente in argomenti di conversazione ritenuti sconvenienti ai più) e sono anche patologicamente curioso in generale, non ho saputo resistere alla tentazione di andare a vedere di persona.
Una home page discreta, sobria, elegante, in cui fanno bella mostra di se delle bellissime gnocche... ecco, sì, solo donne... accompagnate da slogan pubblicitari che invogliano ad iscriversi.
Mi chiedo: ma se il sito si rivolge alle persone sposate, dovrà farlo sia con gli uomini che con le donne, no? Oppure si rivolge solo ad una metà del cielo? A chiacchiere parrebbe di no, ma nei fatti qui le "esche" sono solo per pescare maschietti arrapati e non casalinghe disperate...
Viene il dubbio che dietro al sito si nascondano centinaia di "escort" (ora va di moda chiamarle così le concubine prezzolate) pronte a soddisfare le fantasie dei maritini repressi, magari travestendosi anche da pastorella, da infermiera o da suora, se questo li fa più contenti.
Ed invece gli slogan recitano: "Una moderazione esigente, Una politica Zero Falsi Membri".
Quindi niente mignotte, pare di capire... eppure ancora qualcosa non quadra.
Fra l'altro mi fa sbellicare dalle risate il doppio senso della parola "membri". Viene da pensare che su Gleeden non siano ammessi i cazzettini mosci ed i falli di gomma, ma solo veri membri tosti (magari anche leghisti?).
Pensiero reso ancora più inquietante dal successivo slogan: "Gleeden e i suoi membri ti aspettano!"
A Livorno risponderebbero: "Ora mi infilo le mutande di bandone!" (bandone = saracinesca)
Altri aspetti curiosi sono l'ostentazione dell'internazionalità e l'insistenza sull'adulterio.
La seconda si può giustificare con motivi di "target": una qualsiasi piattaforma di incontri poteva andare bene, ma almeno qui chiariamo subito che si tratta di gente sposata e chi partecipa lo sa e sta al gioco. Occhèi.
Ma l'internazionalità? Che senso ha cercarsi l'amante all'estero? Funziona solo per i top manager che vanno in trasferta internazionale frequentemente? Ma quelli hanno un pacco di soldi e sanno benissimo come trovarsi le tresche anche senza annunci online!
Poi, però, leggendo meglio, scopri che esiste anche un sistema di "crediti"..
A cosa servono i crediti?!?!?
Lo scopriamo nelle FAQ, dove ci viene spiegato che un utente può consultare gratis tutti i profili che vuole, ma se decide di contattare quelle persone può farlo solo a pagamento!
"Come funziona la Posta ? (...) La ricezione e l'invio dei messaggi sono a pagamento. Vedere Condizioni Generali di Vendita (CGV)."
Quindi il peep show e la fantasticheria sono gratis. L'interazione si paga.
Ancora:
"L'iscrizione é gratuita. Creare il profilo quindi, non costa nulla. Gratuitamente, puoi anche accedere agli altri profili, inviare degli occhiolini e consultare il book pubblico degli altri membri. Se invece desideri inviare o leggere un nuovo messaggio, iniziare una dialogo in chat, o ancora guardare un book privato, devi scegliere un pacchetto crediti. Vedere CGV."
Quindi di gratuito restano la ricerca, lo sfogliare profili pubblici (massimo tre foto, accessibili a tutti, quindi "caste"), il farsi le pugnette pensando a quanto ti piacerebbe farti quel figone lì, inviare un "occhiolino" a quel figone per dirle anche in differita "sei proprio un bel figone".
Se però il figone lo vuoi contattare via email o chat, devi pagare.
Se vuoi vedere le foto del book privato (max 5 immagini, accessibili solo su autorizzazione del diretto interessato e quindi, si suppone, più licenziose), devi pagare.
E la scusa qual'è? La sicurezza! (nemmeno fossero in campagna elettorale)
"Gleeden ha creato un sistema di pacchetti crediti. I membri sono assicurati in questo modo, della serietà e della veritabile volontà degli altri membri di voler fare dei nuovi incontri. Questi pacchetti sono a pagamento per fornire alla comunità Gleeden una migliore qualità degli incontri."
Sorvoliamo sui traduttori che sfornano chicche come "veritabile" e badiamo alla sostanza: se paghi hai intenzioni serie, se paghi il tuo incontro avrà una qualità (???) migliore. Bella considerazione che hanno delle persone e dei rapporti interpersonali in genere!
Ovviamente esistono forme diverse di pagamento, ricaricabile o abbonamento, tutte rigorosamente online per amor di privacy (sì, di chi???).
Ultima chicca: per chi non vuol farsi sgamare dalla moglie che gli controlla gli estratti conto, la voce "Gleeden" non comparirà. Verrà sostituita con la più sobria ed affidabilissima denominazione "Blackdivine". Così vostra moglie non penserà che andate su un sito di appuntamenti per uomini sposati, ma che vi rivolgete direttamente ad una prostituta sadomaso di colore!
Ho provato ad iscrivermi.
Sì, perché volevo vedere in faccia un po' di iscritti (mi aspettavo delle gran gnocche, fasulle, e dei poveri sfigati, autentici). Però non ci sono riuscito. Il browser mi ha dato ripetutamente degli "errori di caricamento della pagina" (problemi sessuali pure per lui, poverino!) e non ho potuto concludere la procedura.
M'è venuto un dubbio: avranno mica capito che sono un "falso membro"????
Intestardito, spinto dagli ormoni ormai impazziti, cambio browser sperando che questo non "faccia cilecca". Lascio quindi l'inaffidabile IE per il più giovane e vigoroso Firefox.
Stavolta la procedura arriva fino in fondo ma guardate un po' con che risultati:
"Adesso sei ufficialmente membro della comunità Gleeden!
Per ringraziarti della tua fiducia, noi desideriamo fornirti l'accesso ai servizi del nostro sito! Riceverai tra poco un'email con un codice promozionale che dovrai inserire alla sessione "Acquisto crediti" il giorno del lancio ufficiale. Sarai tra i primi iscritti e per questo il sito sarà per te gratuito!
La breve attesa non ti deluderà...anzi...
Ti aspettiamo,
A presto!"
"Il giorno del lancio ufficiale"???
Ma se l'articolo diceva che si sono già iscritti in 2000 (francesi)!!!
"La breve attesa non ti deluderà"????
Ma porca miseria! Ero tutto arrapato e 'sta stronza mi dice "ciao, buonanotte, ti richiamo io"?!?!?!?
In conclusione: per ora mi hanno solo carpito un indirizzo email. Vedremo poi che uso ne faranno...
...se fossi stato un po' più accorto mi sarei, appunto, accorto che sulle pagine di Gleeden non esiste modo di fare login. Solo nuove iscrizioni. Se un domani venisse fuori che era un sito fasullo, creato per scopi di statistica demografica oppure per raccogliere un po' di email da spammare, non mi meraviglierei affatto.
Chi vivrà vedrà...
Aggiornamento molto tardivo: il sito poi è partito, non so se sia decollato perché non ci sono più tornato. Non si tratterebbe quindi di un fake, ma non ho idea se funzioni o no. Di sicuro continuano a cercare di raggranellare soldi, perché mi arrivano periodicamente segnalazioni di promozioni via mail...
martedì 22 settembre 2009
Chi fa da sé...
Ecco cosa mi interessa: una riflessione sul contraddittorio.
Partiamo dalle basi: il dizionario.
Il solito buon De Mauro recita:
1 agg., al pl., con valore rec., di fatti o parole che sono in contrasto fra loro: pareri contraddittori, avvenimenti contraddittori
2 agg., che presenta contraddizioni, incoerente, ambiguo: discorso c., carattere, comportamento c.
3 s.m., discussione pubblica fra due persone che sostengono opinioni contrarie, spec. durante dibattiti, processi e sim.
Il caso che ci riguarda è ovviamente il terzo, ma vedremo che alla fine si ricasca anche nei primi due.
Quindi chiediamoci: com'è che funzionano le esternazioni al giorno d'oggi in televisione?
Perché in effetti è dello specifico della televisione che stiamo parlando: nessuno si sognerebbe di pretendere un contraddittorio sulle pagine di un giornale o di un sito internet... al massimo esiste il diritto di rettifica... ma nessuno si aspetta che su "Il Giornale" accanto all'editoriale di Feltri compaia anche un contro-editoriale della Concita De Gregorio, o viceversa su L'Unità.
Torniamo alla televisione: che guardiate un telegiornale o un dibattito televisivo ormai la formula è chiara: si devono riportare le posizioni di "entrambe" le parti. Commento di (centro)sinistra, commento di (centro)destra (ometto intenzionalmente il "panino", che in questo contesto non mi interessa)
In ogni trasmissione di "dibattito" c'è sempre una netta divisione fra le poltrone degli ospiti, destra e sinistra, le fazioni si fronteggiano e, ovviamente, si parlano addosso ed inveiscono reciprocamente. Ormai non si vede più quale sia la differenza fra i due schieramenti. Ognuno muove da posizioni che sono agli antipodi rispetto all'interlocutore. Su qualsiasi argomento le interpretazioni sono predefinite e simmetriche. Al posto di questi programmi si potrebbe tranquillamente mettere una coppia di robottini che quando uno dice "bianco" l'altro risponde "nero" ed otterremmo lo stesso risultato.
E veniamo quindi al fantomatico "contraddittorio".
Quale oscuro valore aggiunto potrà mai apportare la presenza di un contraddittorio alla bontà delle argomentazioni degli interlocutori?
E' semplice, almeno in apparenza: se uno mente l'altro glielo può rinfacciare, se uno omette l'altro può integrare, se uno travisa l'altro lo può correggere. Ma il fatto reale è che non succede mai così! Entrambi mentono, entrambi omettono, entrambi travisano, ognuno per tirare l'acqua al suo mulino e fare "bella figura" davanti agli spettatori. Così si trasforma un dibattito in una gara di dialettica, in cui il vincitore non è quello con gli argomenti più forti ma quello che riesce a far fare la figura del cretino all'altro.
Si tratta inoltre di una struttura dialettica presa a prestito da un ambito che non dovrebbe avere niente a che fare con questi dibattiti: l'aula di tribunale. Nei processi l'imputato è assistito da un difensore che cerca di smontare le argomentazioni dell'accusa. In un mondo perfetto, il pubblico ministero ed il difensore perseguono entrambi la ricerca della verità, ciascuno con un diverso punto di vista: il primo tutela gli interessi della collettività, il secondo quelli dell'imputato. Entrambi dovrebbero essere paladini della giustizia che, per evitare errori giudiziari, si fronteggiano in aula solo per essere certi che ogni prova ed ogni testimonianza siano valutati compiutamente e da entrambi i punti di vista.
Non è quello che succede nei dibattiti televisivi!
Il dibattito televisivo non somiglia ad un processo in cui si ricerca la verità, ma ad un incontro di boxe dove si cerca di mettere al tappeto l'avversario, usando anche colpi proibiti se l'arbitro ce lo consente o è distratto.
E allora a che pro il "contraddittorio"?
Se si facessero delle semplici interviste, ciascuno direbbe la sua, il pubblico ascolterebbe le due campane (o magari anche più di due, perché no?) e poi giudicherebbe con la sua testa. Invece in questo modo si assiste passivamente ad un match e ci si limita al massimo, come i giudici del ring, a dare un voto ai due contendenti decidendo così "chi ha vinto" secondo ciascuno di noi. Una farsa!
E così il tanto blasonato "contraddittorio", che dovrebbe condurre alla Verità, finisce per contraddire se stesso, svolgendo il ruolo di arena in cui la verità muore, vittima degli ascolti.
mercoledì 17 giugno 2009
Il nuovo fumetto di Bonelli parla del terremoto de L'Aquila!
Partiamo dalla premessa che i fumetti Bonelli prima di arrivare in edicola hanno dei tempi di gestazione da due a quattro anni almeno. Quindi è fuor di dubbio che Caravan, la nuova miniserie di 12 numeri pubblicata da Sergio Bonelli Editore, di cui il primo numero è uscito pochi giorni fa, sia stata pensata, scritta e disegnata molto prima che si verificasse il terremoto del 6 aprile scorso nei dintorni del capoluogo abruzzese.
Eppure le somiglianze ci sono, sono tante ed inquietanti. Forse le noto solo io perché sono stato toccato da vicino dal terremoto (amici e parenti) e quindi ho il nervo un po' scoperto... ma leggete il seguito e giudicate voi stessi.
La serie parla di un evento misterioso ed imprevisto che costringe tutta la popolazione di una piccola cittadina a lasciare in fretta e furia le proprie case, senza avere il tempo di prendere con sé più che poche cose indispensabili. Un esodo forzato, controllato dal rigido braccio armato dell'esercito, che costringe nell'immediato i cittadini a vivere all'interno delle loro macchine, in attesa di una sistemazione alternativa sconosciuta e pilotata dall'alto.
Le vicende personali vengono travolte dall'imprevisto e tutta la vita della cittadinanza si trasforma, portando così alla luce lati nascosti del carattere dei personaggi, esposti in modo drammatico ad un destino incerto ed estremamente precario.
Il secondo numero della serie, in edicola dal 9 luglio, parlerà di qualcuno che, insofferente verso il ferreo ordine amministrato dai militari, cercherà di sottrarsi al loro controllo. Possiamo immaginarci gli sviluppi drammatici della vicenda.
Il terzo numero della serie, in edicola dall'11 agosto, parlerà del sindaco della cittadina che decide di capeggiare la rivolta dei cittadini esasperati contro la gestione militare dell'emergenza.
Si tratta di una storia, una narrazione di intrattenimento, l'analogo di un film di azione o di una fiction TV, ma provate ad immaginare come sarebbe il terremoto de L'Aquila se venisse romanzato un po' per farne una trasposizione televisiva. La descrizione sommaria che ho dato sopra dei primi tre episodi potrebbe calzare a pennello, con la sola correzione di sostituire all'esercito l'accoppiata Protezione Civile/Forze dell'Ordine.
Poi, entrando nei dettagli, le differenze ci sono eccome: non c'è terremoto ma un misterioso fenomeno meteorologico che interrompe tutte le linee di comunicazione, non ci sono tendopoli ma una colonna di sfollati in movimento di cui non si sa la destinazione, è ambientato negli Stati Uniti... ma, si sa, la fantascienza utilizzando la metafora ci parla di noi stessi e di casa nostra mentre ci racconta di alieni e viaggi spaziali... o di americani e viaggi misteriosi.
Fra tutti i paragoni che mi sono venuti in mente (e sono tanti!) mi ha fatto sorridere soprattutto l'immagine del sindaco Cialente (o forse calzerebbe meglio la presidentessa della Provincia, Pezzopane?) che affronta di petto il "generale" Bertolaso in tuta mimetica, per rivendicare il diritto dei cittadini abruzzesi ad essere aiutati onestamente e concretamente dallo Stato. Proprio ieri c'è stata a Roma una manifestazione di terremotati abruzzesi a cui hanno partecipato anche i due politici di cui sopra, mentre alla Camera si discuteva il "decreto Abruzzo", quello che è stato soprannominato il "decreto Abracadabra" perché materializza dal nulla soldi finti, spalmandoli su trent'anni e pretendendo di ricavarli dai gratta&vinci.
Pare che di tutte le promesse di Berlusconi sull'estensione e l'ampliamento delle tutele contenute nel decreto non sia rimasto niente più che aria fritta. Ma non ne siamo poi così sorpresi.
Chissà come proseguiranno le avventure dei nostri eroi?
La fantasia
http://www.sergiobonellieditore.it/auto/cpers_index?pers=caravan
venerdì 12 giugno 2009
Per essere Franchi...
http://it.wikipedia.org/wiki/Franco_tiratore
Ieri, alla Camera, di franchi tiratori in aula mentre si votava il ddl sulle intercettazioni non ce n'erano.
Facciamo un passo indietro e vediamo di capire cosa è successo: si deve votare alla Camera il disegno di legge sulle intercettazioni. Il governo, che evidentemente vuole fare pressione sul parlamento, mette la fiducia: o lo si approva, o casca il governo. E' chiaro che in questo contesto la maggioranza vota compatta a favore.
Il PD ha chiesto di effettuare il voto a scrutinio segreto. Gli è stato concesso.
A che serve il voto segreto in un frangente come questo? Chi sta nella maggioranza potrebbe votare contro il ddl, e così facendo potrebbe non solo bocciare la legge ma anche far cadere il governo di cui fa parte. Sarebbe, appunto, un "franco tiratore". E' chiaro che questa cosa può interessare solo qualcuno che è deliberatamente intenzionato a far cadere il governo. Ma chi potrebbe esserlo? I pentiti di AN? La Lega? Qualche cane sciolto? Mi sembra del tutto improbabile che qualche esponente della maggioranza, nel contesto sociale e politico di questi giorni, possa avere interesse a fare una cosa del genere.
Ma allora perché il voto segreto?
L'altra possibilità è che a voler nascondere il voto siano quelli dell'opposizione che non vogliono votare contro!
Con lo scrutinio palese, se uno vota a favore lo si vede, glielo si può rinfacciare. Invece, con lo scrutinio segreto, qualche "centro-sinistro" che non ama le intercettazioni si è sentito libero di votare a favore di questa legge senza alcun impedimento. Chi può essere stato? Per esempio qualcuno che ha già avuto problemi con le intercettazioni... ve li ricordate i tempi di Unipol-BNL? Oppure qualcuno che teme per le intercettazioni future... qualcuno abituato a fare favori agli amici degli amici, tipo realizzare modifiche a piani regolatori per mettere in regola interi quartieri edificati abusivamente... per esempio...
Insomma, se "una ventina" circa di deputati dell'opposizione ha votato a favore del ddl sulle intercettazioni, dopo che la stessa "opposizione" ha chiesto di votare a scrutinio segreto, secondo me non si può parlare di franchi tiratori. Si deve parlare invece di politici in odore di illegalità che vogliono tutelare se stessi e riescono a farlo anche pilotando le mosse pubbliche della loro compagine politica: la richiesta, appunto, di voto segreto.
Non sapremo mai chi è stato a votare a favore, di che partito sia, perché l'abbia fatto, ma di certo possiamo dire che non è andato contro le indicazioni del suo partito, perché l'indicazione del suo partito è stata: "votate come vi pare, tanto è segreto!"
Fra l'altro, con la forzatura della fiducia, questi signori potevano tranquillamente confidare che il ddl sarebbe passato comunque. Quindi potevano incassare il risultato e fare anche bella figura votando palesemente contro. Invece no. Avevano talmente paura che non passasse che ci hanno messo su altri voti di sicurezza.
Questi sono i nostri rappresentanti.
Gente che ha paura delle "toghe rosse" anche quando sta all'opposizione...
venerdì 29 maggio 2009
La botta forte
Alle quattro del mattino io e mia moglie abbiamo ricevuto una telefonata dei suoceri, aquilani, che ci avvisavano di "non preoccuparci", che "stavano tutti bene", che c'era stata una scossa forte ma i danni per fortuna non erano ingenti.
Uno riceve una telefonata alle quattro di notte, si sente dire "non preoccuparti" e, ovviamente, comincia immediatamente a preoccuparsi. E fa bene!
Ma facciamo un passo indietro.
L'Aquila è una (ridente?) città d'Italia. E' città d'arte, è città universitaria, è sede di una importante scuola della Guardia di Finanza ed è anche capoluogo di regione, l'Abruzzo. Quell'Abruzzo che, quando ero bambino, ancora chiamavamo a scuola "Abruzzi e Molise" nonostante avessero già separato le due regioni da tempo.
Come l'Abruzzo era regione misconosciuta ai più, così L'Aquila era città poco nota. Io l'ho conosciuta da ragazzo perché con i miei genitori trascorremmo un mese di vacanza sulle montagne abruzzesi. Fu allora che vidi di persona la famosa fontana delle 99 cannelle che veniva sempre mostrata tutte le volte che si parlava de L'Aquila su qualsiasi testo, scolastico o meno. Quindi io, fin da ragazzo, sapevo più o meno esattamente dove si trovasse L'Aquila. Il resto dei miei amici e conoscenti no. Per loro L'Aquila era un concetto astratto, una città (probabilmente) che si trovava in un qualche posto indefinito nell'area delimitata da Lazio, Marche, Campania e Puglia. L'Abruzzo come regione di solito non veniva rammentato. L'Aquila veniva spesso identificata come una città "vicino Roma" o "vicino Napoli". La parlata aquilana (che poi, col tempo, ho imparato a conoscere) veniva regolarmente scambiata per romanesco o, più frequentemente, napoletano.
A L'Aquila io ho trovato moglie. O meglio, prima l'ho trovata (altrove) e poi ho scoperto che era de L'Aquila. Dalle nostre prime frequentazioni ho cominciato a conoscere sempre meglio la città ed i suoi dintorni, i suoi abitanti dal carattere così particolare, i sapori, le tradizioni, le inquietudini delle nuove generazioni. E nonostante tutto la mia conoscenza de L'Aquila era ancora molto iniziale.
Dopo qualche anno ci siamo sposati ed io ho così aquisito una nuova famiglia abruzzese, enorme per i miei standard e neanche tanto numerosa per i loro. Matrimonio in Abruzzo. Per me aveva le dimensioni di una convention internazionale, mentre per loro era forse anche un po' dimesso.
Poi è arrivato il terremoto.
Adesso tutti hanno sentito parlare de L'Aquila. Non so quanti abbiano realmente appreso dove si trovi, ma almeno non senti più rispondere "eh?" quando dici che tua moglie è de L'Aquila. Adesso ti rispondono "davvero?" e sgranano gli occhi. L'Aquila ora esiste nell'immaginario collettivo, anche se esiste molto meno di prima nella concretezza dei fatti.
Per qualche settimana, dopo la "botta forte" del sisma, a L'Aquila c'è stata una vera e propria processione di politici, religiosi, artisti. Le televisioni hanno fatto speciali e inchieste.
Poi il clamore si è attenuato.
Dopo un mese esatto dal terremoto, solo Bruno Vespa insisteva a portare i suoi ospiti su questo doloroso argomento per cercare di scucir loro qualche soldo in più per la ricostruzione.
Adesso se uno vuol sapere qualcosa del terremoto, l'unica fonte di informazioni è la rete. Le televisioni ed i giornali sono troppo intenti a parlare delle amichette del premier e delle prossime elezioni.
Be', cari i miei (quattro) lettori, lo scoop è questo:
IL TERREMOTO NON E' ANCORA FINITO!
Anche se non se ne parla più, la situazione è tutt'altro che risolta!
C'è una città intera, più un gran numero di paeselli circostanti, completamente sfollata.
Anche chi ha la casa ancora agibile non può rientrarci, in parte perché le ordinanze escono un po' per volta e riguardano solo un certo numero di immobili ciascuna (ancora molto pochi rispetto al numero totale), in parte perché continuano le scosse e la gente ha una fifa blu! Ha paura di rientrare in casa e di vedersela crollare addosso perché lo sciame sismico non si è ancora fermato ed in molti si aspettano che lo faccia solo dopo aver dato un'altra "botta forte", come pare sia già successo in passato (se siete curiosi, fate un salto sulla Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Aquila e leggetevi il paragrafo "I terremoti nella storia dell'Aquila").
Ci sono sessantamila persone ospitate nei campi tenda e nelle strutture alberghiere della costa adriatica. Alcuni hanno cercato sistemazioni alternative, affittandosi una casa altrove o andando in altre città, ospiti di amici e parenti. Tutto il centro storico de L'Aquila è "zona rossa": si entra solo scortati dalle forze dell'ordine o dai Vigili del Fuoco. Tutte le attività commerciali, gli uffici, le scuole, tutto ciò che stava dentro il centro cittadino adesso non c'è. Nella migliore delle ipotesi resta "sospeso" in attesa che il centro venga messo in sicurezza e che si possa entrarci di nuovo liberamente, ma è ovvio che per i negozi e per la ristorazione questa è una mazzata letale.
In questo momento mancano gli stabili, che sono lesionati, mancano i lavoratori, che sono sfollati, e mancano anche i clienti, che sono sfollati anch'essi. L'Aquila è una città svuotata. Tipo le "ghost town" dei film western, ma molto più bella e ricca e tristemente desolata.
Per assorbire il colpo, rimettersi in piedi e ricominciare a vivere normalmente a L'Aquila serviranno molti anni. Per ora non abbiamo neanche iniziato. Per ora si è pensato a dare una sistemazione di sopravvivenza per tutti, e non è poco, anzi, è moltissimo per chi si è ritrovato dalla sera alla mattina senza casa, senza lavoro, a volte anche senza alcune persone care. Però non è NIENTE, ripeto, NIENTE per ripartire.
Il governo ha preparato un decreto. Qualcuno l'ha soprannominato il decreto "abracadabra". Io ho provato a leggerlo e sono rimasto molto, molto, perplesso. Questo decreto ora sta passando l'iter parlamentare per la sua approvazione. Nel corso di questo iter sono stati presentati degli emendamenti. Per tenere il filo ci vorrebbe un parlamentare bravo, onesto, diligente e pratico di leggi. Praticamente una chimera.
Da L'Aquila è stata lanciata una iniziativa. Si chiama "Cento %". E' una petizione rivolta al parlamento per chiedere, nell'occasione della discussione di questo decreto, che venga garantita una ricostruzione totale, in piena trasparenza e con la piena partecipazione della popolazione locale.
Se volete, potete aderire anche online a questo indirizzo: http://www.100x100aq.org/
A breve incollerò il modulo per la sottoscrizione anche in questo blog.
Potete farlo anche voi, se pensate che ne valga la pena.
E' solo un gesto, tanto per cominciare. Poi sarà necessario fare molto di più.
In chiusura: domani, 30 maggio, ci sarà una manifestazione a L'Aquila per chiedere che venga riaperto il centro cittadino.
Il G8 è alle porte, le forze dell'ordine sono sotto pressione già da tempo, la gente sfollata vive ormai da due mesi in condizioni al limite.
Io spero con tutto il cuore che questa manifestazione riesca, che sia un percorso sereno di rivendicazione e di affermazione, e che non debba entrare nelle cronache per motivi ben più tristi. Sono molto in apprensione per questo. Speriamo che non succeda niente di brutto.
mercoledì 29 aprile 2009
W la libertà!
Il terremoto in Abruzzo mi ha smosso qualcosa che era rimasta in sospeso ma che continuava ad agitarsi.
Oltre a questo, il fatto di seguire regolarmente da qualche settimana gli interventi di Marco Travaglio sul suo blog e di essere andato a ripescare qualche vecchia puntata del suo Passaparola ha fatto riemergere tutto lo schifo che provo per questa classe politica, questa congerie di affabulatori che ci racconta un sacco di cazzate (in TV si danno il turno per coprire le 24 ore) mentre è intenta a mettere le mani sui beni della collettività ed a spartirseli con gli amici e gli amici degli amici (capisc'ammé).
D'altra parte col terremoto ho avuto anche un aumento di fruizione di giornali e televisione, nonostante lo schifo che fanno, alla ricerca di un po' di informazione (quel poco che resta, ormai funziona meglio Facebook) e di qualche opinione che meriti di essere ascoltata. Ormai, di solito, per quanto mi riguarda, resistono soltanto Travaglio e Di Pietro.
Ieri sera ho visto frammenti di Ballarò.
Qualcuno chiedeva che cosa sia la libertà. Qualcuno ha risposto che libertà significa rispetto delle regole.
Be', ora vorrei dire la mia su questo difficile argomento.
Il rispetto delle regole può essere un valore. Lo è, però, in funzione della bontà delle regole e di chi le fa. Il rispetto delle regole dettate da un dittatore è coercizione, non libertà. Il rispetto di regole che ci siamo dati da soli, invece, può essere libertà.
Faccio un esempio banalotto, da due lire: se io mi riprometto di non fumare perché sono convinto che mi fa male, nonostante abbia preso il vizio, soffrirò ogni volta che cercherò di trattenermi dal fumare ma starò affermando la mia libertà. Se invece non posso fumare perché mi è imposto da dio o dal re, allora non è libertà ma repressione.
Ma c'è anche un altro aspetto da considerare, che arricchisce e complica il problema. E' il fatto che non siamo monadi, non siamo schegge impazzite ed isolate. Viviamo insieme. Dobbiamo imparare ad esercitare insieme la nostra libertà. Per tornare all'esempio di prima: se collettivamente si decide che il fumo fa male, il divieto di fumo può essere una affermazione di volontà collettiva. In questo contesto posso anche accettare che il rispetto delle regole significhi libertà, ma non basta. Non può bastare.
La libertà è poter determinare la propria vita. Essere effettivamente partecipi e protagonisti di ciò che ci succede. Avere la facoltà di scegliere ciò che è meglio per noi. Essere partecipi delle decisioni che riguardano noi e gli altri.
Deve significare, quindi, che le decisioni che vengono prese per la collettività non sono prese alla faccia nostra o senza tenere minimamente in conto il nostro pensiero e la nostra esistenza. La vita in collettività impone degli obblighi e dei vincoli, ma questo non significa solo che tutti devono pagare le tasse. Significa anche che tutti devono partecipare alla decisione di quante tasse si debbano pagare e di come debbano essere spese. Significa che tutti devono poter controllare che siano rispettate le decisioni prese e che chi contravviene a queste decisioni deve subirne le conseguenze.
Insomma, riportandosi alla forma dello slogan, libertà non è solo rispettare le regole. Libertà è FARE e RISPETTARE le regole.
Per questo sono necessarie MOLTE condizioni che sono anche MOLTO difficili.
Bisogna avere sufficienti informazioni per conoscere.
Bisogna avere sufficiente cultura per comprendere.
Bisogna avere sufficiente consapevolezza e raziocinio per scegliere autonomamente.
Bisogna avere degli ideali per discernere ed indirizzare le scelte.
Bisogna avere carattere, per non farsi raggirare e manipolare.
Bisogna essere coinvolti nel processo decisionale, nella conduzione della cosa pubblica.
E' questo che c'è intorno a noi?
E' così che viviamo?
Mi pare proprio di no.
Parlo per me. Ho un buon tenore di vita. Ho una certa cultura. Penso di avere una mente abbastanza indipendente. Eppure sono ben lontano dal sentirmi libero, ossia cittadino di uno stato che mi fa sentire libero. Mi manca l'informazione, come ho già detto poco tempo fa. Mi manca ancora una certa cultura necessaria per capire un'economia che sfugge al controllo e dei meccanismi sociali che non comprendo (la clientela, il nepotismo, il consociativismo, le mafie). Mi manca completamente il coinvolgimento nella gestione del paese, come al 99% del resto della popolazione.
Ho un altro intervento nel cassetto, ancora mezzo abbozzato, a proposito della cosiddetta "casta". Mi riprometto di tornarci sopra. Ma qui devo dire l'essenziale: la gente comune, il popolo, è ancora lontano anni luce dalla gestione del potere, separato da una invisibile cortina rispetto agli ambienti dove si prendono le decisioni e si manovrano le risorse.
E questa cortina è fatta di uomini! Principalmente politici.
Se vogliamo sentirci liberi dobbiamo smettere di essere ostaggi di una oligarchia di politici di professione e cominciare a mettere bocca nell'amministrazione della cosa pubblica. Come se fosse un gigantesco condominio, in cui tutti partecipano nel prendere le decisioni e di conseguenza tutti pagano i conti che ne conseguono.
Considerato quanto sanno essere litigiose le assemblee condominiali, mi sa che la soluzione del problema è ancora lontana.
Soprattutto se continueremo a tollerare un paese dove l'informazione è fatta dagli zerbini e la politica dai collusi. In questo contesto libertà non è il rispetto delle regole e tantomeno farle, ma soltanto "fare quel che cazzo ci pare sempre e comunque alla faccia di tutti e andargli in culo". E se per far questo occorre sedere in parlamento, tantomeglio.
Viva la libertà!
martedì 28 aprile 2009
Dipietrismo?
Una parola che è ricorsa continuamente è stata "giustizialismo". Siccome sono puntiglioso e mi sentivo toccato dove duole sono andato innanzitutto a controllare la definizione corretta del termine. Non si sa mai, ci si potrebbe sempre confondere...
Il buon De Mauro recita:
1 TS polit., dottrina e prassi politica che ispirarono il governo dell'uomo politico argentino Juan Domingo Perón (1895-1974), caratterizzate da un acceso nazionalismo e da un programma di riforme sociali con spunti anarchici e corporativi; estens., atteggiamento o movimento politico populistico e antiparlamentare
2 CO nel linguaggio giornalistico e politico, tendenza a utilizzare la magistratura come strumento per conseguire obiettivi politici
Non sono uno studioso di storia. Non conosco Peron. So a malapena che su sua moglie è stato scritto un musical. E' vero, sono ignorante, ma quelli che parlavano da Lerner forse lo sono ancora più di me, visto che usavano le parole a sproposito. Ma torniamo al punto: dubito che Peron c'entri qualcosa con tutto questo. Dubito altresì che si possa anche solo lontanamente sostenere che Di Pietro abbia atteggiamenti antiparlamentari. Populisti sì, secondo alcuni.
Ma mi sento di poter dire che il termine "giustizialismo" fosse utilizzato in trasmissione secondo l'accezione numero 2, sostenendo che Di Pietro è uno che vuole usare la magistratura (ed i tribunali ed i processi) come strumento per conseguire obiettivi politici.
Bene.
Secondo me, dire che i delinquenti devono stare in galera non è giustizialismo. E' la base della legalità. Proprio il fondamento minimo, quello senza cui non si può più dire che esiste una giustizia (degli uomini) nel nostro paese. Se per obiettivo politico si intende di far andare i delinquenti in galera, be', allora mi pare un obiettivo politico più che legittimo e che, necessariamente, deve passare per la magistratura per essere realizzato.
Ma mi sorge un dubbio: non sarà che quelli che accusano Di Pietro di giustizialismo in realtà pensano che i delinquenti in galera non ci devono stare??? O per lo meno ALCUNI delinquenti contro cui Di Pietro si accanisce?
giovedì 9 aprile 2009
Abbiamo bisogno di Radio Londra?
L'informazione in Italia fa pena. Se uno ancora non la pensa così, credo che sia impossibile riuscire a fargli constatare la realtà dei fatti; evidentemente vive in una realtà mentale parallela, in cui i parlamentari sono persone oneste, i giornalisti sono indipendenti e non esiste la criminalità organizzata.
Chi non ha spento il cervello dovrebbe invece, anche solo per amor di contraddittorio, ascoltare Marco Travaglio e Beppe Grillo. Ascoltare. Non bere. Ascoltare, riflettere, valutare. Le informazioni che danno Travaglio e Grillo sull'asservimento dell'informazione al potere politico-economico (più economico che politico) italiano sono angoscianti.
Io ho visto Grillo in TV dalla D'Amico a Exit. Non mi importa niente della polemica "contraddittorio sì-contraddittorio no". Non mi importa niente della suscettibilità degli ospiti che si sono sentiti sminuiti dal fatto che Grillo non ha voluto ascoltare le loro... le loro... argomentazioni, diciamo così. Invece mi fa incazzare come una biscia quello che giustamente Grillo denuncia il giorno dopo sul suo blog:
"..."le persone citate" che non ha neppure il coraggio di citare. Tutti i media hanno parlato della fuga di Grillo (...) Nessuno ha riportato i nomi delle "persone citate". Gli innominabili. La Repubblica di ieri, in un trafiletto, ha scritto di un violentissimo attacco di Grillo. Senza specificare contro chi, perché, con riferimento a quali fatti. Nel programma ho nominato i campioni dell'economia italiana. I Manager Wanted. Colaninno, Geronzi, Ligresti, Scaroni."
Gli stessi personaggi illustri che così spesso sentiamo nominare a Report. Quelli per cui si fanno leggi salva-bancarottieri o si applicano modifiche ai piani regolatori per sanare gli abusi dei palazzinari.
E chi diffonde queste notizie in Italia?
Report di Milena Gabanelli
Riccardo Iacona
Marco Travaglio (sul suo blog e in AnnoZero)
Beppe Grillo
Punto.
Marco Travaglio fa eco a Grillo dal suo blog quando parla della genesi di Forza Italia. Siamo ancora nel 1993, Berlusconi non è ancora stato due volte Presidente del Consiglio, non ha ancora fatto tutte le leggi che sappiamo...
"...in una conferenza stampa in quei giorni a Torino, al Lingotto, io gli chiesi se era vero che Craxi avesse partecipato a queste riunioni e lui, invece di rispondermi, mi disse "si vergogni di farmi questa domanda". Era una conferenza stampa: in un altro paese immagino che tutti i giornalisti avrebbero rifatto la stessa domanda fino a ottenere la risposta, invece i colleghi, che sono quelli che fanno parte del codazzo, che sono ormai quasi di famiglia per lui, mi guardarono come dire: "ce lo disturbi, così ci rimane male, ci rimane storto per tutta la giornata". Io mi ritirai in buon ordine, non conoscendo queste usanze altamente democratiche."
Chi è che in Italia ci parla di collusione fra Forza Italia e criminalità organizzata? Chi è che denuncia i problemi di una finanza che truffa i cittadini? Chi è che racconta la tragedia dei "derivati" che metteranno in ginocchio l'amministrazione pubblica italiana? Chi è che racconta il mondo dei precari? Chi parla della ricerca che scappa all'estero?
Sono sempre loro.
Finché durano sono loro.
Oggi fa scalpore l'ennesima gaffe di Berlusconi a proposito dei terremotati "in campeggio per il fine settimana". Mi sono ascoltato il testo integrale e, sinceramente, non è quella gran gaffe che sostengono i quotidiani di tutto il mondo... ah, già, perché è all'estero che questa notizia ha fatto scalpore, mica in Italia!
Guardate qua:
http://chediconodinoi.blogspot.com/2009/04/berlusconi-le-vittime-del-terremoto.html
Telegraph, El Pais, Le Figaro, Spiegel, El Mundo, ABC.es... riportano una notizia che in Italia non c'è. Semplicemente non c'è. Neanche sui giornali dell'opposizione! Se ne parla solo su Google News, giustamente a proposito della polemica internazionale. Non è che la notizia in sé ci interessi, no. Ci interessa solo che dall'estero ci danno addosso e se qualcuno si pronuncia, è per insorgere strenuo in difesa del premier, vedi Messaggero e fonti ufficiali dello Stato.
E qui torniamo alla domanda del titolo.
Durante la seconda guerra mondiale l'Italia era governata da Benito Mussolini. Non voglio fare paragoni. E' un semplice dato di fatto. I media erano controllati dalla propaganda di regime, quella a cui fa il verso tanto bene Corrado Guzzanti con i suoi Fascisti su Marte. Se un italiano voleva sentire una campana diversa doveva sintonizzarsi nottetempo, di nascosto ovviamente, sulle frequenze di Radio Londra che trasmetteva informazioni in italiano sulla situazione internazionale. Ci pensava l'estero a dare agli italiani un po' di informazione non controllata dal potere italiano.
Avevano i loro interessi, ovviamente. L'Inghilterra era in guerra con l'Italia fascista e questo era un ottimo mezzo per combattere il fascismo fomentando l'opposizione al regime e la Resistenza dei partigiani. Nessuno fa niente per niente. Ma dal mio punto di vista facevano bene.
Abbiamo di nuovo bisogno di questo?
Dobbiamo di nuovo rincorrere la stampa estera per capire che cosa succede in Italia?
Da 15 anni Internazionale fa proprio questo: ci offre in italiano estratti dalla stampa estera, su argomenti di attualità e sull'Italia.
E lo fa ancora, stando in Italia.
E poi c'è la rete. Ci sono i blog, ci sono le piccole realtà di informazione parallela, spesso gestite da privati in prima persona ma che in molti casi sono fondamentali per far girare le notizie. Cercate su un motore di ricerca la chiave "berlusconi camping" e vedrete che in Italia la notizia ha circolato soprattutto sui siti privati.
Insomma, la risposta alla mia domanda, per ora, è "forse no". Abbiamo ancora una rete televisiva (UNA SOLA!!!) che ospita tre programmi, anzi due e mezzo (va bene Travaglio, ma Santoro non lo reggo proprio, scusatemi) molto importanti, ed abbiamo Internet su cui Travaglio, Grillo e molti altri possono ancora esprimersi... almeno finché la legge bavaglio sulle "pubblicazioni online" non verrà redatta opportunamente e poi approvata, magari senza neanche troppo clamore dell'opposizione, che in questo caso ha già dato adito a fortissime preoccupazioni.
Personalmente cerco di non perdere neanche una puntata di Report e mi sono iscritto, via RSS, ai blog di Travaglio e Grillo.
E sul mio blogghettino sfigato provo a fare un po' di ping-pong...
... e vi rimbalzo anche questa vignetta, del mio amico Fabio Lai, perché penso proprio che meriti!
martedì 10 marzo 2009
Prove tecniche
Partono le prove tecniche per la riapertura delle trasmissioni.
Al momento mi risulta un po' difficile pubblicare nuovi post non solo
per il poco tempo disponibile ma anche per alcuni vincoli tecnici che mi
ostacolano. Questo post serve a verificare se questi vincoli si possono
aggirare efficacemente.
A presto... spero!